Quando ho cominciato a studiare il signoraggio, una delle cose che più mi ha colpito è stata la mia ignoranza riguardo certi argomenti. Nella maggior parte dei siti e dei video divulgativi vengono poste delle domande dalla risposta apparentemente scontata. E' lecito, ad esempio, credere che la Banca d'Italia sia un ente pubblico e che le banconote siano di proprietà dello stato. In realtà arriviamo a queste conclusioni solo perché manca un qualunque tipo di informazione a riguardo. In fondo se si chiama Banca "d'Italia" vorrà dire che la sua proprietà è statale. Anche io, pur essendo uno studioso di economia, la pensavo così. E' stato peggio che ricevere uno schiaffo quando ho avuto modo di vedere con i miei occhi chi è il vero proprietario della nostra banca centrale. Affinché anche voi possiate farvene un idea vi consiglio di dare un'occhiata a questo documento. A scanso di equivoci vi dico subito che la fonte è la stessa Banca d'Italia.
Come è possibile che la proprietà di questo ente, che viene definito di diritto pubblico, sia per il 95% di privati?
Quella che vi propongo è la breve storia di questa lista di partecipanti al capitale e di come sia venuta alla luce.
La Banca d'Italia viene alla luce nel 1893 con la sua fondazione. Il vero motivo della nascita di questo ente era la volonta di annettere le banche del Sud a quelle del Nord. Queste ultime, al contrario delle banche meridionali, non avevano grandi riserve auree, e di conseguenza, dato che all'epoca la creazione di moneta era ancora condizionata dal possesso dell'oro, gli istituti di credito del Settentrione non avevano la possibilità di stampare grandi quantitativi di banconote.
Da quel momento il potere della monarchia, ed in seguito quello politico, non hanno fatto altro che concedere a questo ente poteri sempre maggiori. Il passo più importante in questo senso è stato il concedere alla Banca d'Italia l'esclusiva sull'emissione della moneta. E' bene sottolineare che all'epoca, cioè nel 1926, la BdI era ancora una S.p.a.
Incredibile, ma vero, l'Italia regalava ad una società privata, sia nella struttura che nella composizione, la sua sovranità monetaria.
Nel 1936 la BdI cambia il suo assetto societario e si trasforma in un Istituto di diritto pubblico. E' importante sottolineare la differenza tra un ente di questo tipo ed un ente pubblico "puro". Nonostante la definizione possa apparire simile, mentre un ente pubblico deve essere di proprietà completa dello Stato, un ente di diritto pubblico può avere partecipazioni anche da parte di privati. Tra i nuovi poteri che vengono delegati alla BdI c'è anche quello di vigilare sulle banche italiane. Ciò ha comportato un piccolo conflitto di interessi, di fronte al quale quello berlusconiano impallidisce. Come si può attribuire alla banca centrale il compito di vigilare sulle banche commerciali quando parte delle sue quote sono possedute da queste ultime?
Nel 1948 al Governatore della Banca d'Italia viene attribuito il compito di decidere il tasso di sconto con il fine di regolare l'offerta di moneta. Il neonato parlamento, cioè, delega ad un ente che di pubblico ha solo il nome, la competenza di decidere le politiche monetarie. Mi spiego meglio. Sappiamo che quando lo stato prende le banconote dalla banca centrale dà in cambio titoli del debito pubblico. Questi titoli generano un tasso di interesse meglio noto come tasso ufficiale di sconto, detto anche TUS o costo del denaro. Praticamente il prestatore decide arbitrariamente il tasso di interesse a cui dovrà sottostare chi si è indebitato. Questa pratica ha un nome preciso nel nostro ordinamento, si chiama usura.
Il procedimento avviato nel '48 raggiunge il suo completamento nel 1992, quando Guido Carli, alla guida del Ministero del Tesoro, stabilisce che la definizione del TUS è competenza esclusiva del Governatore della Banca d'Italia, e non deve più essere concordata con il Ministro del Tesoro.
Eppure qualcosa che non quadra c'era. L'articolo 3 dello statuto della BdI stabiliva che la proprietà delle sue quote dovesse essere in maggioranza del Tesoro o di enti pubblici. Vista la sua funzione, però, il disegno di legge n. 4083 del Senato della Repubblica proponeva che la proprietà della totalità delle quote venisse attribuita allo Stato. Chiaramente non venne mai approvato.
Quello che è scandaloso è che fino al 2005 la BdI, pur essendo a tutti gli effetti un ente di diritto pubblico, non pubblicò l'elenco dei partecipanti al capitale. Perché decise, di punto in bianco, di pubblicare il documento che ho linkato all'inizio del post? La risposta a questa domanda è quasi paradossale. Nel 2004 Famiglia Cristiana (avete letto bene), basandosi su di uno studio del ricercatore Fulvio Coltorti, pubblicò l'elenco in questione. Curioso che per portare a termine questo studio Coltorti sia stato costretto a indagare a ritroso sui bilanci delle banche, delle assicurazioni e di altri enti, ricostruendo mano a mano la situazione del capitale sociale della Banca d'Italia.
L'anno successivo la BdI pubblicò l'elenco in questione.
La situazione che venne a profilarsi era in netto contrasto con lo stesso statuto dell'ente. Come ho già avuto modo di dire, questo imponeva che la maggioranza delle quote fosse di proprietà pubblica, mentre lo studio pubblicato riportava che il 95% del capitale era di proprietà privata.
Quello era il periodo in cui Antonio Fazio veniva invitato a dimettersi e acquisiva la carica di Governatore Mario Draghi.
Il 28 dicembre 2005, l'allora governo Berlusconi, varò la legge 262. Questa norma aveva come scopo quello di ritrasferire in un arco di tempo di 3 anni le quote della Banca d'Italia in mano a privati allo Stato e agli enti pubblici.
Ma non gioite, con un colpo di mano degno del migliore golpista, Romano Prodi, con il benestare di Napolitano e Padoa Schioppa (quello che ama pagare le tasse), il 16 dicembre 2006 cambia lo statuto della Banca d'Italia, eliminando di fatto l'obbligo della maggioranza delle quote di proprietà pubblica.
E siamo ai giorni nostri. La morale della favola è che su certi argomenti non esiste destra o sinistra, e che i poteri "forti" non sono certo rappresentati dai politici.
Non è un segreto che la Banca d'Italia ci truffi quitidianamente segnando a bilancio il valore nominale delle banconote invece che il costo che ha sostenuto per produrle. Secondo questo schema, l'unico profitto che risulta è quello derivante dagli interessi, che sono pesantemente tassati. Il risultato è che il profitto nominale della BdI è prossimo allo zero, mentre quello reale è alle stelle.
Riflettete un attimo, se davvero la BdI non facesse profitti, che interesse avrebbero le banche commerciali a possederne delle quote? Se il loro compito fosse solo quello di amministrare il TUS e di vedersi pesantemente tassati e quasi totalmente rigirati allo Stato i pochi guadagni che ne deriverebbero, perché non dovrebbero desiderare di lasciare questo compito ingrato agli enti pubblici?
I Romani ce lo dicevano già molti secoli or sono, per scoprire il responsabile di un raggiro basta individuare chi ne trae vantaggio. "Cui prodest?", ci si chiedeva.
Non so voi, ma io qualche sospetto ce l'ho.
P.S.=le fonti per questo articolo le ho prese dai siti www.wikipedia.it, www.bancaditalia.it e www.signoraggio.com
Istruzioni per l'uso
Un buon modo per farsi un'idea dell'argomento trattato in questo blog è visionare il documentario "La Moneta come Debito". Per chi volesse approfondire ho stilato una breve lista di fonti sugli argomenti signoraggio/sovranità monetaria. La potete trovare nel post "Bibliografia Essenziale". L'elenco è in costante aggiornamento.
I commenti non sono moderati, siete liberi di esprimervi nel modo che ritenete più opportuno. Ognuno è responsabile del suo pensiero, io rispondo solo delle parole scritte di mio pugno.
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(ersandro@autistici.org)
Prima di esprimere qualunque dubbio o giudizio vi consiglio di leggere i seguenti post. Potreste trovare le risposte alle vostre domande.
F.a.q.-Parte Prima (Le banche commerciali emettono moneta?)
F.a.q.-Parte Seconda (Da dove prende valore la moneta?)
F.a.q.-Parte Terza (Esiste una soluzione?)
lunedì 10 marzo 2008
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4 commenti:
anche tu cadi nel classico errore (sicuro di studiare economia???), le aziende private partecipano in quanto la BI mantiena come "cauzione" le somme che le banche PER LEGGE devono mantenere come riserva. Gli utili della banca infatti non vanno certo ai depositari che non sono a nessun effetto "proprietari".
Ad oggi vorrei ricordare che la banca d'Italia ha solo ruolo di garante finanziario (grazie ai depositi di cui sopra) dato che per tutto il resto c'è la BCE
Garante finanziario della truffa autorizzata che è passata in mano alla BCE.
Dato che la BdI dal 1998 è parte integrante del sistema europeo delle banche centrali (SEBC)
La moneta può essere stampata a credito o a debito solo attraverso l.emissione fatta direttamente al popolo...e in relazione al bisogno della crescita economica .quando un economia va bene non ha c o munque bisogno di aumentare la massa monetaria ne indebitarsi.in ogni caso il miglior debito e quello fatto fra stato emittente e popolo.altri tipi di debiti ad esempio fra stato banche o BCE sono nocive per l.economie reali e i diritti sociali e fondamentali.vedi:salviamo gli italiani su google
Hi, great reading your blog
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